Autoproduzione piantine micorrizate
Premessa
La produzione in autonomia di piante micorrizate potrebbe dare un grande impulso alla tartuficoltura rendendola più accessibile, alla stregua di altre forme di coltivazione. Ovviamente sarebbe più bassa la probabilità di riuscita della singola pianta ma i costi verrebbero in pratica azzerati, per cui si potrebbe tranquillamente sopperire con i ‘grandi numeri’ impiantando un elevato numero di plantule.
In generale, per la produzione di piante micorrizate servono i seguenti elementi fondamentali:
- tartufi
- terra sterile
- piantine
I Tartufi
Per quanto riguarda i tartufi, questi possono tranquillamente essere anche di qualità scarsa purché le spore siano maturate. NON vanno bene tartufi immaturi ma quelli ‘troppo maturi’, anche marcescenti, possono essere utilizzati. Ogni tartufaio sa bene che ogni anno un discreto quantitativo di tartufi non commerciabili viene pressoché buttato.
La tecnica è assai semplice: il tartufo viene tagliato a fette e posto su carta assorbente e posto ad essiccare, evitando temperature superiori ai 30 gradi, dopodiché va posto in un contenitore traspirante. Per avere un’idea del quantitativo, con 2-2,5 grammi di tartufo fresco si può tranquillamente preparare la soluzione sporale per una singola pianta.
Qualche giorno prima della preparazione delle piantine, vedi passi seguente, dovrà essere preparata la soluzione sporale: si dovranno prendere i tartufi essiccati e saranno messi a macerare nell’acqua. Qualche diecina di grammi in 200-300 grammi di acqua andranno benissimo: si prende un contenitore pulito, una bottiglia – ad esempio, si mette dentro dell’acqua portata ad ebollizione per circa dieci minuti e poi si chiude (l’alternativa, certamente più semplice, può consistere nell’utilizzare acqua distillata). Una volta raffreddata l’acqua, si aggiunge il tartufo e si lascia a macerare per 1 settimana- 10 giorni, agitandolo periodicamente.
Terra Sterile
Prima di tutto la terra deve essere vocata per il tartufo , quindi tendenzialmente calcarea, magari presa da zona tartufigena, anche se in linea di massima un buon ‘sabbione’ va benissimo. Se per ogni piantina si deve predisporre un vaso, si consideri che uno piccolo misura circa 2 dm3, cioè 2 litri. Moltiplicando per il numero delle piante desiderate si avrà un’idea del fabbisogno di terra
La terra dovrà essere poi sterilizzata, il modo migliore per farlo in autonomia è in un forno da pane, di quelli tradizionali da esterno.
Si dovrà evitare di fare un mucchio troppo grande al centro del forno, per evitare che la terra più interna non raggiunga la temperatura sufficiente alla sterilizzazione. Preparare dunque dei contenitori da mettere nel forno, magari utilizzando della lamiera, ritagliandola e ripiegandola e sovrapponendone gli angoli per ottenere rettangoli di larghezza tale da passare dalla bocca del forno e di altezza di circa 6-7 cm.
Riempire i contenitori con la terra fino al bordo.
Accendere il forno. Non deve essere troppo caldo per evitare la laterizzazione del terreno, al massimo 200 gradi.
Inumidire la terra prima di mettere i contenitori in forno, magari sovrapponendoli a croce in maniera da poterne sovrapporre anche 6-7.
Chiudere il forno caldo ed aspettare circa due ore, dopodiché la terra sarà pronta; estraetela dal forno e mettetela in un contenitore in cui sia il più possibile lontana da funghi esterni che potrebbero essere in competizione con il micelio del tartufo.
Le Piante
Uno dei migliori modi per preparare le piante consiste nel fare ‘margotte aeree’, di seguito il procedimento.
Servono:
- un coltello ben affilato, magari da innesti
- un paio di pinze pulite
- un po’ di plastica trasparente, per fare la classica ‘caramella’
- un po’ di fil di ferro
- un po’ di alluminio laminare ( quello da cucina va benissimo)
- un po’ di disinfettante liquido
- un po’ di spugna sottile, ancora confezionata e quindi non soggetta a rischio di infezione da parte di altri funghi
- la terra sterile preparata
Procedimento.
I momenti migliori dell’anno per fare le margotte aeree delle piante tartufigene sono normalmente settembre e marzo, in concomitanza ( meglio se leggermente in anticipo ) delle riprese vegetative.
A questo punto scegliere la pianta madre: deve essere una pianta potenzialmente simbionte ( vedi le schede sul tartufo su questo sito ) e con buona capacità di radicare, … Si sceglie un ramo giovane e si pulisce con il disinfettante la parte ( circa 10 cm ) che margotteremo, non troppo vicina alla sua attaccatura.
Fatto questo, incidere la corteccia ‘giro giro’ in due punti con due anelli a circa 1 cm di distanza, poi si toglie tutta la corteccia grattando l’interno dei due tagli.
Prendere a questo punto il fil di ferro, passarci sopra un po’ di disinfettante e stringere la parte centrale della scortecciatura, girandolo attorno al ramo, chiudendolo su se stesso a mò di tornichetto.
Tagliare un pezzetto di spugna ed avvolgerla sul ramo a coprire la scortecciatura , fissandola con un po’ di fil di ferro su entrambi i lati sopra e sotto i tagli.
Prende la soluzione sporale e bagnare la spugna.
Prendere il foglio di plastica , chiuderlo su se stesso per ricavarne un imbuto ed avvolgerlo attorno al ramo scortecciato, fissandolo con il fil di ferro ben al di sotto (circa 6-7 cm) della scortecciatura. Fissare il foglio di plastica al ramo con il fil di ferro, in maniera che rimanga un imbuto di plastica a bocca aperta verso l’alto.
Si riempe l’imbuto di plastica così ottenuto con la terra sterile fino a coprire la scortecciatura e si versa dentro un pò d’acqua pulita, poi si chiude l’imbuto sopra il taglio più alto, ottenendo così una specie di ‘caramella’, per poi fissarne con il fil di ferro la parte superiore.
Fatto questo, avvolgere la caramella con la carta stagnola (servirà a riparare la margotta dalla luce diretta che nuocerebbe alla radicazione).
Una buona alternativa al procedimento di cui sopra, laddove la specie arborea scelta radichi facilmente, cosa che avviene ad esempio per le Salicacee, si potrà procedere più semplicemente alla predisposizione di talee, avendo cura di prendere vasi puliti, riempirli con la terra sterile per poi inserirvi le marze tagliate dalla pianta prescelta, avendo poi cura di irrorare con la soluzione sporale, un pò più in abbondanza rispetto al caso della margotta.
La cosa è fatta. Ogni tanto, circa una volta alla settimana si inietterà acqua pulita nella caramella per impedire che asciughi troppo. Dipendendo dalla specie, dopo circa un mese , un mese e mezzo, aprendo la stagnola vedremo apparire le prime radici bianche e, dopo circa due mesi, procederemo a ‘slattare ‘ la margotta con un taglio alla base della caramella.
Infine, riempiremo un vaso con la terra sterile e, togliendo stagnola, fil di ferro e plastica, vi metteremo la nostra futura pianta, versando subito un po’ di soluzione sporale, cosa che ripeteremo ogni circa 15 giorni per 2-3 volte.
Con un po’ di attenzione, l’anno successivo metteremo a dimora la nostra pianta, meglio se in una zona già conosciuta come tartufigena.